giovedì 19 gennaio 2012

Elucubrazioni. Pt.2

Adoro il fatto che la mattina sono così rintronata che ogni mia azione è un automatismo quasi perfetto.
Mi alzo a fatica, schiaccio il pulsante che attiva la mia stupenda moka elettrica, bagno, prendo la tazza, due di zucchero e latte fino a dove arriva la parte metallica del cucchiaino (né troppo da non farmi il gusto del caffé, non poco da farlo scottare e dovermi far aspettare 15 minuti per berlo), torno in camera, spazzolo i capelli e nel frattempo il caffé è pronto. Bevo il caffè, poi comincia la giornata. Sembra tutta una danza, una coreografia precisa al dettaglio che non permette sbavature. Penso sia l'unico momento vagamente elegante della mia vita/giornata. :)
Anyway... Mio fratello, scrittore di fantascienza nonché fondatore della rivista online Continuum all'indirizzo www.continuum.altervista.org)  un tempo ha detto che si è reso conto che i personaggi dei racconti che scrive sono individui coi quali lui non andrebbe nemmeno a bersi un caffè. E lui và a bere caffè praticamente con chiunque glielo chieda... è pur sempre un caffè, quanto può durare?
Mi sono interrogata a tal proposito sui miei personaggi e ho capito che per me vale lo stesso discorso, con la piccola differenza che i miei personaggi racchiudono in sé sempre parte della mia biografia. è preoccupante? non andrei a bere un caffè con me stessa, e io amo il caffè. C'è di che rifleterci su.
Lei è la protagonista di una mia storia breve (che all'inizio doveva essere lunga). è scorbutica, ama i gatti e stare per i fatti suoi. Non ama le persone, men che meno quelle invadenti. Insomma, sono io coi capelli corti.
Anche il mio nuovo personaggio è simile come idea di base anche se poi si sviluppa e "si riempie di vita" come dico sempre... Nei tre anni di Accademia ho imparato diverse cose sul mio modo di lavorare... Mi piacciono le storie brevi ma intense, che ti dicano tutto in poche pagine, che ti fanno affezionare in qualche modo al personaggio solo perché il personaggio è particolare, non è invadente, non vuole corromperti per ottenere la tua simpatia, ma è un personaggio appunto "pieno". In secondo luogo almeno che non sto facendo una storia lunga evito sempre accuratamente di dare un nome ai miei personaggi. In primis perché non sono mai convinta del nome definitivo, la ragazza dell'immagine qui sopra oggi la chiamerei Maya, ieri probabilmente avrei pensato "un nome vale l'atro purché non sia Maya"; poi perché non è necessario. Mi piace l'idea che il nome è solo un nome, siamo tutte persone che un nome ce l'hanno perché siamo in 7 miliardi (frase che andava tanto appena è nato il settemiliardesimo individuo sulla Terra) e in qualche modo tra la folla bisogna chiamarsi. Ma poi in un fumetto di 4 pagine a chi interessa come si chiami uno o l'altro? Vabbè. Lo faccio anche con i racconti che scrivo ora, al biennio dell'Accademia, per il corso di Scrittura Creativa (prossimamente pubblicherò qualcosa) e il prof a volte mi ammonisce, ma io non mi convinco mai del tutto che il nome sia la strada giusta. Ho imparato che devo avere una canzone almeno che mi spinga a disegnare il fumetto, che mi dia l'ispirazione anche quando ce l'ho sotto le scarpe, e quasi ogni mia produzione in questi anni ha la sua canzone (o addirittura, come nel caso della tesi, una sua soundtrack). Sarà una cosa stupida ma ci sono delle scene che m'immagino perfettamente se e solo se sono accompagnate dalla musica perfetta, un po' come un telefilm, dove un fotogramma quasi banale con la canzone adatta sotto ti conficca un pugnale in mezzo al petto, e si capisce quanto sia importante la colonna sonora. Phatos. Nessuno eccetto me sentirà quelle canzoni mentre leggerà il fumetto, ma io sì, sennò non andrei avanti. Come ultima cosa, poi termino questo sproloquio, è il fumetto a decidere con quale tecnica dev'essere realizzato, non sono io. Il fumetto per la tesi lo volevo fare a tutti i costi in b/n ma avrò rifatto tre o quattro volte la prima pagina e non mi riusciva. Ho provato a farla in A3, a cambiare il character design della protagonista, a ri-ambientarlo. Ma quando vedevo che non vedevo questo benedetto fumetto come lo volevo ho pensato all'ultimo giochetto mentale per fregarmi... "Proviamo a fare una scena qualunque in medias res! può darsi che semplicemente non mi vada di disegnare la prima scena, a chi và, quando sai già come andrà avanti e qualis aranno le scene salienti?" e lì ho capito tutto. La scena a caso era fatta per il colore. Ho ceduto, adesso sto sudando sette camicie per un fumetto di almeno 48 pagine da consegnare tra un mese, totalmente a colori.... Ma mi piace, ed è questo che conta, no?

2 commenti:

  1. Hai ragione perfetta. I movimenti essenziali ed eleganti del primo mattino, quando il cervello è attivato a metà. La storia che si sceglie il suo formato, che sia fumetto o racconto poco importa. I protagonisti che sembra non sia tu a dare loro un nome ma aspetti il momento in cui sono loro a presentarsi e rivelarti una cosa tanto intima. La musica che fa parte della genesi ma non della fruizione, nessuno dei lettori saprà mai che note hanno aiutato il travaglio di quella scena che stanno leggendo, e questo è uno dei mille motivi per cui la storia che scrivi tu sarà intimamente diversa da quella che leggeranno gli altri.
    È il primo post che leggo di questo blog ed è stato una piacevole sorpresa. :)

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  2. Grazie Gianni, l'idea del blog nasce come un contenitore di tutto un po'. vorrei mettere il mondo che gira intorno al fumetto e quant'altro, non farne un diario personale tipo "oggi ho fatto questo e quello", una via di mezzo tra sketchbook e taccuino di riflessioni =)
    Per quanto riguarda te invece penso sempre di più che dovresti darti alla fotografia professionale, sarà che i tuoi lavori sono molto vicini alla mia "sensibilità", ma credo trasmettano tantissimo. Sarebbe bello vedere una mostra di stampe prima o poi.

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