giovedì 27 marzo 2014

La vita è meravigliosa

Intitolo questo post come uno dei tanti film che non ho visto ma di cui, non so perché, mi ricordo il titolo.
Ho quasi finito di inscatolare tutta la mia roba. Nove scatoloni, una valigia, un borsone, una borsa piccola. Poi ci saranno la libreria e il letto. I peluches giganti di Pluto e Luigi (super Mario) e il nostro piumone.
Domani si parte.
Il furgone mi verrà prestato dal fratello di una mia amica, verrà guidato dal mio PV dopo aver smontato tutto insieme al mio uomo. In questi giorni ho fatto i conti con l'idea di essere una persona fortunata. Ho vicino delle persone che ci sono, che si adoperano per aiutarmi come non avrei mai immaginato. Dalla mia sore che si informa per i furgoni, al cognato della mia ex coinquilina che metteva a disposizione la sua macchina nuova di pacca per il trasloco, alla mia ex coinquilina stessa che ha solo il weekend libero ma l'avrebbe usato per guidare qualora ce ne fosse stato bisogno. Non per falsa modestia, ma non ho idea se davvero merito tutto questo bene, però vorrei contraccambiare, più di ogni altra cosa.
Mi capita spesso, soprattutto dal giorno della laurea, quando ho riaquistato le mie facoltà mentali, di guardare il mio uomo e chiedermi quante altre persone farebbero ciò che fa lui per me. Quanti ragazzi di ventisei anni sarebbero in grado di dare cosi tanto sostegno, di essere una presenza tanto importante quanto reale come punto di riferimento, come sa essere lui. Non ne conosco.
Lui sa di cos'ho bisogno, sempre. Non si lamenta, non mostra delusione quando io non riesco ad avere la stessa empatia anche se lo vorrei con tutta me stessa. Lui c'è e sa che se vorrei che dormisse con me non è solo un capriccio ma è il bisogno di sentirlo accanto. Di svegliarmi e sentirgli dire "buongiorno" e io vorrei solo rispondere "certo che è un buongiorno, qui ci sei tu."
Di solito non ne parlo granché, di lui, di noi. Per me ciò che abbiamo è qualcosa di cosi privato e intimo che non mi va di condividerlo. Forse ne sono gelosa, forse ho paura che succeda come nelle favole, che se lo racconto a qualcuno la magia svanisce perché avrei dovuto mantenere il segreto.
Però detto ad alta voce succede che uno se ne rende conto meglio, non so bene perché, è nella natura stupida dell'uomo, o solo nella mia.

Ho letto un libro d'amore. Cominciato e finito in due giorni, 256 pagine così intense da farmi versare qualche lacrima. Non so se e quando sia successo prima d'ora con un libro, sarà che di norma non leggo romanzi drammatici, però è capitato. La protagonista non era una la protagonista in cui mi sarei potuta immedesimare, ma l'amore che le viene donato è simile a quello che ho la fortuna di avere io. Una persona accanto che ha la pazienza di aspettare e crede cosi tanto nel Noi da lottare anche quando sembra non ci sia più nulla per cui lottare.
"Nessuno sa di noi" è anche una storia d'amore. Ma non solo.
E' una storia che se me l'avessero raccontata avrei detto "è impossibile che in Italia l'abbiano pubblicata per davvero". Erano anni che non mi sentivo così soddisfatta di una lettura, cosi contenta di aver letto un libro che mi ha dato qualcosa che nient'altro era riuscito a darmi prima.
Il romanzo parla di "aborto terapeutico". Non sapevo nemmeno esistesse, ad esser sincera.
Per com'è scritto, in modo caldo, sofferto e sincero, l'argomento non scivola nei facili qualunquismi. Si parla di un tabù e lo si fa nel modo più cattivo possibile. La protagonista, Luce, non cerca attenuanti, non si nasconde dietro una frase scontata quale "non avevo scelta", la scelta c'era ma il risultato sarebbe potuto essere lo stesso con l'aggravante di due mesi in più d'attesa a logorarla ancora.
Il suo bambino, Lorenzo, è un bambino mai nato che sarebbe potuto venire al mondo per spegnersi subito dopo a causa di una malattia scheletrica che gli comprimeva cuore e polmoni. Lei continua a chiamarlo Lorenzo fino all'ultimo capitolo del libro. Parla del suo percorso emotivo, del senso di colpa, del rapporto mai costruito per davvero con una madre schiava del proprio egoismo. Luce è un personaggio egoista, che non si discolpa. Ammette i suoi errori col proprio partner. Ammette di aver cercato così tanto la gravidanza da perdere di vista l'amore che le veniva regalato. Luce scrive per un giornale, in una rubrica di consigli al femminile. Però quando si ritrova nel proprio vortice emotivo, a metà tra senso di colpa e odio verso sé stessa, si appoggia ad altri scrittori. A quelli di un forum che tratta solo di aborti terapeutici. Il libro quindi fa conoscere anche questo mondo dietro lo schermo, dove le persone possono rifugiarsi per trovare conforto, consigli, o anche solo la magra consolazione di un destino condiviso.
"Nessuno sa di noi" è un libro che va letto senza pregiudizi, per conoscere una realtà che va oltre la nostra immaginazione. E' un romanzo scritto bene come non mi capitava di leggere da molto tempo. Non si perde in descrizioni superflue, la terminologia è bilanciata nel suo essere in parte ricercata ed in parte schietta e lineare. Simona Sparaco non evita di raccontare particolari crudi della vicenda senza però cadere nel grottesco, e dall'inizio alla fine mi ha fatto pensare che se mai dovessi scrivere un libro, è così che lo vorrei scrivere. Comunque da qui il titolo "La vita è meravigliosa". Quando si parla di aborto si parla sempre di vita o non vita. E' difficile prendere una posizione. Se qualcuno si considera sfavorevole viene etichettato come bigotto, in caso contrario sarà semplicemente un assassino. Io credo che ogni situazione abbia la propria storia alle spalle che porta a differenti scelte. "Nessuno sa di noi" non impone una posizione favorevole all'aborto, anzi. Non è scritto in un modo freddo e distaccato, lucido. Sembra scritto ancora con le lacrime agli occhi di una madre che madre non è. Parla di vita, di come le vite si allacciano tra di loro e sanno influenzarsi, portandosi l'un l'altra sull'orlo del baratro o alla salvezza.
Ora che ci penso probabilmente un libro cosi non l'ho letto da "Veronika decide di morire", e chi mi conosce sa che il paragone è molto forte per quanto amo quel romanzo.

Dopo questa mia piccola recensione, piena dell'entusiasmo di un libro appena chiuso e riposto, posso annunciare di aver finalmente messo mano alla Eli's List e anche alla seconda parte, con non poco orgoglio.
In realtà il viaggio a Roma lo farò domenica per tornare definitivamente a Trieste il 5 aprile.
Prima passerò nuovamente per Modena, in occasione del PLAY il festival del gioco, che uno o due anni fa ha fatto divertire parecchio me e Andrea.
Avrei voluto mettere in coda a questo post un paio di disegni siccome sto lavorando su un progetto (finalmente), ma credo lo farò solo quando avrò finito almeno un paio di tavole. Nel frattempo mi godo qualche post da semplice blogger che si ricorda di aggiornare in modo quasi decente queste pagine.

Tuttavia, come noterete nella mia lista, ho potuto cancellare la voce "correggere gli errori da Il biplano e la cometa", ed infatti l'ho fatto. Ma non solo! Subito dopo ho deciso di mandarlo in stampa. Per una questione economica mi ero adattata all'idea di averlo solo in formato digitale, ma poi, memore della bella stampa di cui sono capaci nella copisteria alla quale mi sono rivolta, e sapendo che altrimenti me ne sarei pentita, ho deciso di concedermi questo piccolo regalino ed essere una buona promotrice del mio stesso prodotto. Se non l'acquisto io, vuoi che lo acquistino degli estranei?

Sto diventando saggia, sarà l'età?

E intanto i post su questo blog sono diventati cento. <3

venerdì 21 marzo 2014

Printemps

Oggi mi sono svegliata con il rumore e l'odore dell'Italspurghi sotto la mia finestra.
In quel momento avrei potuto decidere di etichettare questa giornata come positiva o negativa, ho optato per la prima e mi sono messa a ridere da sola. Svegliarsi con l'odore di m.... è comunque più rincuorante che addormentarsi con la fastidiosissima voce della mia coinquilina.
Si comincia una nuova giornata, un'ora prima del solito. Un'ora di possibilità, scegliamo cosa farne.
Sono passati quasi dieci giorni dal mio ultimo post, ma mi sembra davvero di essermi laureata tre giorni fa e di non aver avuto tempo per nulla. Nel frattempo ho studiato un centinaio di pagine del libro di scuola guida, ho ripreso la matita in mano e persino il fumetto della tesi, perché lasciarlo lì cosi mi sembrava un lavoro mai finito del tutto. Avrei voluto rifare delle tavole, ma ho pensato che c'è un tempo per tutto e non volevo spendere altri nove mesi a rifare tutte le tavole (ciclicamente) rischiando che diventi un circolo vizioso e considerandolo incompleto per sempre.
Voglio molto bene a "Il biplano e la cometa" e non mi va di considerarlo in termini negativi.
Lo scorso weekend sono stata col mio uomo a Trieste. Vuoi perché avevamo un posto tutto nostro dove stare, vuoi per la frenesia della festa di laurea, vuoi per la tensione della proclamazione ormai sciiolta e fuggita via, sono stati due giorni davvero magnifici. Abbiamo percorso Trieste a piedi, la notte. Ci siamo presi i nostri tempi, l'ho portato a casa di mia nonna che è un luogo che collego più alla mia infanzia che al mio presente. La festa di laurea è stata "La Festa". I miei amici si sono adoperati cosi tanto che mi sono chiesta se me lo meritassi davvero, se, alcuni di loro conosco da cosi poco tempo, pensassero realmente che dovessi avere una festa perfetta, perché lo è stata.
A parte i giochi alcolici, la vestizione da pinguinone e un cartellone splendido (a dir poco), c'era un'atmosfera splendida che credo mi sia sempre mancata prima di questi ultimi tempi. Tutto ciò mi ha dato una spinta in più per prendere il mio ri-trasferimento a Trieste nel modo più positivo possibile.
Parlando con una mia ex coinquilina mi ha fatto presente che io sembravo quella più legata alla casa di tutte le altre, che si rendevano perfettamente conto di quanto fosse malconcia. La verità è che qui dentro ho i ricordi più belli legati alla mia esperienza modenese. La prima convivenza andata bene, l'anno in cui ho coltivato le amicizie che sono diventate quelle che mi spiacerà lasciare tra poco più di una settimana.
Però di quel tempo non c'è più nulla. Me ne sono ricordata stamattina con l'Italspurghi; con l'acqua della doccia diventata fredda perché d'estate si deve accendere il boiler; la voce dell'"uomo del garage" col suo accento da modenese di provincia che urla nel cortile per parlare coi passanti. L'anno scorso sarebbero stati alcuni tra i tanti discorsi/lamentele buttate sul ridere con la mia coinquilina. Ora noi non ci siamo più, e questa casa è fredda e piena d'indifferenza proprio come tre anni e mezzo fa, quando mi dicevo "spero di non doverci mai più ricadere in una cosa simile" mentre alla fine dei giochi sono esattamente allo stesso punto.
Dire che mi spiace lasciare Modena avrebbe senso se ogni giorno non dovessi tornare in questa casa svuotata. Ricordarmi che una volta reggevo il mio pinguino di peluche portachiavi come fosse la cosa più preziosa al mondo perché attaccate c'erano le chiavi di quella che per me era "casa". Ero felice di tornarvi. Non c'era l'odore pessimo di un deodorante per ambienti alla vaniglia né il rumore fastidioso dello sciabattare di gente arrogante, che lo fa perché pensa sia solo casa loro. C'era l'odore di the anche quando non lo avevamo ancora fatto. Mi piaceva vedere la porta della mia coinquilina aperta quando tornavo a casa, perché sapevo che la lasciava aperta per me, o almeno cosi sembrava. Era facile salutarla, era bello sperare che lei ci fosse, quando tornavo a casa. L'esatto opposto di ora, insomma, che se sento il vociare dietro la porta vorrei non doverla aprire e potermene andare. Dove non so.
Si spengono le luci su un capitolo lungo della mia vita e vorrei poter dire "cavolo, se solo avessi ancora un mese a disposizione..." ma non è così. Mi è successo lo stesso quando ho finito lo stage in Francia. La ricerca assennata di nostalgia in fondo al cuore, senza trovarla. A volte mi manca Grenoble, ma la verità è che la tesi e gli eventi mi hanno fatta correre avanti senza l'opportunità di voltarmi. Per me Modena è stato tutto per cinque lunghi anni. Mi rasserenava vedere la fontana di Largo Garibaldi che si tinge di blu e mi piaceva ricordare quella sera in macchina quando l'Italia venne qualificata alle finali degli europei e noi eravamo in macchina a suonare il clacson anche se non ce ne fregava niente. Perché era bello cosi, eravamo belli noi in quell'atmosfera leggera che ora non c'è più.
Tra dieci giorni starò montando il mio letto ormai vecchio nella camera di sempre. Ci appenderò Modena qua e là, le foto degli amici, il mio pannello in sughero coi biglietti del cinema e gli scontrini dei bar dei nostri viaggi. Vorrò ricordarla così quest'esperienza, come quel pannello, bello, pulito, perfetto.
Tra poco appenderò le luci comprate da Tiger che mi piacevano tanto, sposterò gli armadi come voglio io e prenderò in mano le chiavi pensando che avrò solo quelle e saranno di casa.
Mi manca la sensazione di svegliarmi la domenica mattina e sperare che mia madre sia sveglia per bere il caffè assieme, giocare col cane e poi borbottare un po', perché ho da fare ma mezza mattinata l'ho bruciata a lanciare giocattoli rumorosi.
Sono pronta a tornare a casa.
Anche solo perché posso chiamarla "casa".

Tavola unica random. Inchiostro, digitale e notte fonda <3


Oggi è la giornata mondiale per le persone affette da sindrome di Down. Tempo fa avevo disegnato un fumetto su questo tema. Trascorsi mesi lo rifarei per 3/4, ma il concetto continua a piacermi, e allora lo pubblico, come tributo ad una causa giusta. Perché ci può essere qualcosa di meraviglioso anche nelle situazioni più difficili.


Ah, e chiaramente, buona primavera a tutti, anche se da calendario è oggi ma sappiamo bene che è cominciata un mese fa o_O

 Tanto per dirle un'altra, non ho fatto ancora quasi nulla della Eli's List. Tant'è che avevo visto un giochino simpatico su Facebook che implicava il postare ogni giorno per cento giorni una foto che testimoniasse un motivo per essere felici in quel dato giorno.. Ma avevo paura sarebbe stata un'altra voce sulla mia lista!
E no, non riesco a proseguire nella lettura de "Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve", mi sa che vedrò prima il film e nel frattempo mi leggerò qualcos'altro. Non si sa mai che mi torni la voglia di riprenderlo in mano in un momento diverso.
A volte capita.

mercoledì 12 marzo 2014

Ventotto

Oggi compio 28 anni.
Con un po' d'imbarazzo ammetto di non poter ancora eliminare alcuna voce dalla Eli's list, e non perché non ne abbia avuto il tempo, ma semplicemente i giorni post laurea sono volati senza rumore. Non so come, le giornate si sono piano piano accartocciate e svanite senza dirmi nulla, quasi come non volessero disturbare il sonno di un bambino che per troppo tempo non ha saputo dormire quieto.
Poco più di una settimana fa mi sono laureata ed è stata una giornata strana perché era un po' come se la vivessi da nove mesi. Da quando ho cominciato a lavorare su "Il biplano e la cometa" mi immaginavo quel giorno, doverne parlare, con la convinzione negli occhi che il mio -nostro- progetto valesse il tempo di quelle persone che mi avrebbero ascoltata.
Il 3 marzo è stato come tutte le volte che l'avevo immaginato, ma un po' meglio.
Al mattimo sono andata dal parrucchiere a farmi fare i boccoli, e per me è una novità in primis perché ho i capelli liscissimi e in secondo luogo perché in altre occasioni non avrei mai speso venti euro per qualcosa che a malapena avrebbe potuto reggere una giornata. Ma volevo fosse esattamente come l'avevo immaginato, poi ci si è messo il fato/destino/fortuna sfacciata, che ha pensato bene di dar due ritocchini ai dettagli a cui non avevo pensato.
Sapevo che vestito avrei messo, che capelli avrei voluto, ma non sapevo assolutamente che ci sarebbe stato il sole, per quell'unico giorno, quasi a volermi dare il suo piccolo regalo per questo traguardo.
I capelli hanno retto sin dopo le foto, i miei sono riusciti a prendere il treno per il ritorno nonostante il ritardo della discussione di un'ora e mezza, e Gianni, l'autore del racconto era raggiante e ho potuto parlare di lui e del nostro lavoro facendogli capire quanto ci tenessi, quanto mi abbia dato e quanto sia grata a lui a Lorenzo e a Gabriel del mio tempo migliore.
Poi c'è stata la festa di laurea a Modena nel weekend. Ero stanchissima quasi come mi fossi laureata il giorno stesso. Avrei voluto solo dormire, ma i miei amici mi aspettavano e mi hanno resa felice. Ho ricevuto la torta più bella del mondo con sushi e maki fatti di pasta di zucchero a decorare una sorta di sacher ma più cioccolatosa. Ho ricevuto regali splendidi, ma soprattutto ho potuto brindare al tavolo con coloro che negli ultimi 5 anni ci sono stati, mi hanno fatto sentire a casa anche quando a casa non ero.
Avrei potuto/voluto chiamare altre persone, ma un po' com'è accaduto a Trieste, mi sono resa conto negli ultimi tempi di non essere riuscita a gestire al meglio le mie amicizie.
Non è una scusa, ma sono sempre stata abituata ad avere poca gente attorno, piuttosto facile. Poi ci si è messa l'università, il lavoro, la casa e in contemporanea nuove amicizie, tante, belle, ma che non avevano nulla a che fare l'una con l'altra. Con la Francia, Trieste, i lavori e gli esami non sono riuscita a fare tutte le telefonate che avrei voluto e più di ogni altra cosa vorrei cercare di recuperare il tempo perso, perché se penso ad ognuna delle persone a cui non ho dedicato abbastanza tempo, so che ne valgono la pena.
Il 7 ho inaugurato la mostra a Trieste. La maggiorparte dei presenti erano miei amici. I gestori del locale hanno dato il meglio con un buffet di cibi prelibatissimi e un impegno nell'allestimento che non ho mai visto. Ho ricevuto dei fiori meravigliosi, ed è stata una serata tanto semplice quanto bella, una di quelle di cui se ne sente davvero il bisogno.
C'era una parete intera per "Il biplano e la cometa" e solo Dio sa quanto mi abbia fatto bene vedere appese lì le tavole, con cura, perché Marco non lasciava nulla al caso e anche senza il righello ma a spanne, voleva che l'effetto generale fosse bello, e cosi, per me, è stato.
Ed ora sono in un limbo strano.
Più di ogni altra cosa ho voglia di studiare. Il che è piuttosto strano per una che è appena uscita dall'Università. Non mi va di leggere romanzi o fumetti, ho voglia di sapere qualcosa in più, forse anche per poterlo mettere in versione illustrata un giorno, non lo so.
Un'altra parte di me ha molta voglia di disegnare ma non lo fa mai. C'è quel bisogno di staccare, come quando si fa una lunga vacanza con i migliori amici per poi non vedersi per un mese, perché è giusto così. Ho ripreso oggi a disegnare un po' e mi mancava moltissimo, però non ero pronta, non eravamo pronti, né io né il disegno.
Venerdi ci sarà la festa di laurea triestina, dopodiché dovrò pensare alle cose serie... Come fare il trasloco, quando, quando vedere Eleonora, come organizzare le mie giornate di studio/disegno/traduzione.
Vorrei organizzare ed essere efficiente. Ma non voglio scrivermi le cose da fare giorno per giorno, per non sembrare impegnata come prima della laurea, e allora non lo scrivo e poi finisce che mi ritrovo in tasca una ricarica del cellulare che mi propongo di fare da almeno una settimana.
Dimentico di rispondere a messaggi, mail, di fare delle telefonate.
Cerco di non darci troppo peso, è stata una sfacchinata ed è finita, ci vuole un po' di meritato riposo,
o di studio visto che è quello che voglio fare.
In ogni caso c'è da rassegnarsi, da oggi sono anche un po' più vecchia :)


Sketch stupidi e poi qualche fotina 






domenica 2 marzo 2014

Il giorno prima

Ho intitolato questo post come una canzone dei Pooh che parla dell'apocalisse.
Piano piano sta salendo l'ansia per domani, più per un discorso di organizzazione che per la discussione in sé. Vorrei fosse tutto perfetto. Che i miei arrivassero, andassimo in Accademia, facessi una figura splendida per poi uscire da quell'aula. Alloro, foto, qualche convenevole.
In realtà penso sia assolutamente impossibile una cosa del genere, perché come accade per i matrimoni c'è sempre qualcosa che tocca, quella piccola crepa nella perfezione che rende reali le cose.
Io, tanto per cominciare, non so mettere lo smalto ma mi sono ostinata a farlo ugualmente. E' venuto male, come tutte le altre otto volte in ventotto anni (volendo essere ottimisti) che l'ho messo.
Ho corretto qua e là con l'acetone, ma non riesco mai a dare quell'impressione che danno le mani delle mie amiche, che sembra non facciano altro che mettersi lo smalto dal loro primo vagito.
Non avrò l'alloro, perché se è vero che vengono i miei quest'anno è altrettanto vero che non vengono amici modenesi che potrebbero portarlo. Le uniche collant che avevo le ho provate per scrupolo prima e sono rotte probabilmente nell'unico punto che non avevo controllato un paio di giorni fa.
Domani non mi laureerò insieme ai miei compagni di corso. Non che sia realmente contato qualcosa due anni fa. Non abbiamo una sola foto di noi assieme. Però un po' mi sarebbe piaciuto.
La verità è che la giornata di domani sarà una giornata che chiuderà un ciclo di cinque lunghi anni.
L'Accademia, per come l'ho vissuta io, è stata onnipresente nella mia esistenza in tutti i cinque gli anni. Lavoravo pensando all'Accademia, pensando al prossimo progetto da portare, dove farlo stampare. La borsa di studio. Mi è dispiaciuto quando c'erano troppe poche lezioni alla settimana perché mi sembrava di non sfruttare il tempo che avevo con le persone che avrebbero potuto insegnarmi, li.
L'ho odiata, forse più di quanto io l'abbia amata. Ancora oggi mi infastidisce quanto sia palese il modo in cui alcuni professori facciano delle preferenze e non si sforzano di dimostrare il contrario. Potrai anche essere un genio nel disegno (e non è il mio caso) ma se non hai qualche prof-amico non farai nulla. Un'occasione bruciata. Però non ho mai rimpianto di essermi iscritta, perché mi ha dato moltissimo. Ho scoperto di più me stessa. La testardaggine che mi ha portato a rifare cinque tavole il giorno prima della stampa, ma anche il mio desiderio di migliorarmi sempre anziché abbattermi sulle cose che non mi van più bene.
Ho scoperto l'ottimismo, perché se non ce l'hai parti già che il tal professore non ti risponderà o ti dirà ciò che non va all'esame dandoti un voto infimo anziché durante tutto l'anno, quando avresti potuto cambiare qualcosa. Invece a volte (raramente) le cose vanno in un altro modo.
Non mi servirà più il sito dell'Accademia. Non che in realtà mi sia servito così tanto visto che chi se ne occupa mette in bacheca gli avvisi su mostre prive di alcun interesse ma non gli orari delle lezioni, o i calendari della tesi.
Però mi piaceva sapere che era lì e ci dava la speranza che prima o poi avrebbe contenuto informazioni utili.
C'è stato qualche professore/mentore. Qualcuno di veramente bravo, che dimostrava di amare il proprio lavoro.
Domani si chiuderà questo ciclo, e una parte di me vorrebbe che non succedesse.
L'altra parte è felice perché è stato un periodo della ma vita lungo, ma che aveva bisogno di essere chiuso.
In concomitanza con la fine del percorso di studi si è intrecciato il rapporto poco idilliaco con le coinquiline a casa e il bisogno di pensare al futuro.
Domani in realtà sarà un giorno perfetto con tutte le sue imperfezioni.
Parlerò del mio progetto, durato nove mesi. La gente lì seduta non lo saprà, ma parlerò senza parlarne di Grenoble, delle notti a disegnare in rue Alsace-Lorraine. Del tirocinio a Trieste che mi faceva andare fuori di testa perché non riuscivo a disegnare dopo nove ore davanti al pc. Parlerò delle email con Gianni, di quando abbiamo dato il nome a Lorenzo. Parlerò di questi nove mesi, e di tutto quello che c'è stato prima e mi ha portato a questo giorno. Avrò lì mia mamma, che era ciò che desideravo davvero. Sarò truccata male, a modo mio. Con le unghie fatte male, a modo mio. Sarò lì a dire che quel fumetto, quel racconto, mi hanno riempito la vita per nove mesi, come l'Accademia ha fatto per cinque anni.
Sarò lì a dire addio a quelle mura che mi hanno vista ridere, arrabbiarmi, disegnare tanto ma sempre troppo poco. Sarò con la mia famiglia e con quel fumetto in mano, che sembra la fine di tutto, ma in fondo è solo l'inizio.