lunedì 30 gennaio 2012

Riminescenze

Vi capita mai di ricordare improvvisamente qualcosa di molti anni or sono? A me spesso, e la cosa più bizzarra è che questo và perfettamente in controtendenza rispetto la mia memoria a breve termine che, ahimé, è davvero scarsa. Non ricordo nemmeno dove metto il cellulare il più delle volte, e mi infastidisco della mia sbadataggine.
A volte bisogna essere severi con sé stessi. Io ci provo ma se col disegno talvolta funziona, con la memoria mi sembra di lottare contro i mulini a vento e mi rassegno come fossi una malata nel pieno della propria demenza senile. Ma a parte questo.... Mia madre da piccola mi diceva (piuttosto convinta) che lei nella vita precedente era un albero. Perdevo le mie giornate a immaginari mia madre in versione albero e la sua folta permanente diventava il fogliame che ricopriva i rami sottili. Volendo o meno lei è stata grande fonte d'ispirazione per me, non solo perché era il mio albero domestico, ma perché nel suo essere molto alla mano non si è mai preoccupata del fatto che utilizzassi le sue stoviglie per colorare con acquerelli o tempere. "Tieni, poi le caccio in lavastoviglie e tornano come nuove". Talvolta di giri in lavastoviglie ne dovevano fare pure due o tre, ma io ho continuato a colorare grazie a piatti da caffé e bicchieri dove fino al giorno prima bevevo di gusto la mia acqua di rubinetto. Quando sono andata a casa del mio ragazzo portandomi dietro la tesi mi ha detto che non potevo usare le stoviglie per dipingere, e ho pensato che casa mia mi aveva offerto un'opportunità gigante da sempre. Opportunità che forse non avevo mai considerato così eccezionale. Penso proprio che se avrò dei figli e vorranno disegnare io permetterò loro di usare ogni cosa perché è in quei momenti che mi sono sentita davvero libera, più di quanto non lo sia ora che vivo fuori da casa. Posso usare i miei colori. Questa è la libertà, questa è la mia casa.

venerdì 27 gennaio 2012

E dovrebbe essere ovvio

Essere pendolare ti pone dinanzi alla più svariata tipologia di essere umano, ma un problema comune delle persone che viaggiano in treno è il menefreghismo o la mancanza di intuitività. Modena ha un sottopassaggio piccolo che collega i vari binari, e spesso e volentieri mi chiedo come sia possibile che un individuo normodotato non si renda contoo che qualora un treno fermi in una determinata stazione, molte persone debbano scendere e molte altre, probabilmente, salire. La gente si accalca già dalle scale, spinge, strattona quelli che vanno in senso opposto contro il muro, quasi facessero loro uno sgarbo a frequentare il medesimo corridoio. Ma mentre quegli individui lì devono solo andare a fare le proprie faccende io devo prendere un treno che sosta cinque minuti scarsi, scavalcando la moltitudine di individui e sentendomi un po' l'ultimo dei Moichani.
Spesso mi chiedo se questa mancanza di attenzione sia una malattia del nostro secolo o se vi è sempre stata. Basterebbe cosi poco a vivere in maniera cortese e civile che è quasi un insulto non provarci nemmeno, ma magari chissà, ci vorrebbe un po' di rieducazione.

mercoledì 25 gennaio 2012

Elucubrazioni Pt. 4

Tutto cambia. E' la frase più inflazionata di sempre, si sa. Uno non ci fa caso finché gli eventi non ti colgono impreparato e dinanzi al furore dell'ineluttabilità rimani inerme.
Ebbene, amo la Lemon Soda, innanzitutto.
Non ho mai bevuto Lemon Soda. Non perché non odi il limone o cose del genere, ma perché nelle mie strane associazioni mentali la Soda era quel qualcosa di contenuto nella Sprite/Gazzosa, e quelle si che mi fanno veramente schifo. Poi nel bar in centro gestito da una simpaticissima cinese (Molti dei commessi/baristi del centro di Modena avrebbero da imparare da lei per cortesia, velocità e sorriso anche dopo ore di lavoro) l'ho presa per la prima volta perché ad esclusione: di coca non ne avevo voglia, birra no, fanta nemmeno... Vada per la Lemon Soda! Ora quando posso prendo solo quella. Punto a favore per me.
Un cambiamento tutt'altro che piacevole, invece, l'ho notato per caso ieri andando in Accademia.
Via Irnerio, come ogni mattina. Cammino sul marciapiede di destra e... Manca qualcosa. Manca quel luogo! Manca una panetteria.
In questa panetteria mi ero scontrata la prima volta che venni a Bologna, a 14 anni. Avevo visto nella vetrina un bombolone ricoperto di cioccolato che sembrava delizioso. Grande come la mia mano, aveva l'aria di essere la cosa più buona al mondo. Allora mi ripromisi di assaggiarlo, prima o poi. Ora ci penso divertita perché all'epoca davo per scontato che sarei tornata a Bologna, quando in realtà dell'idea dell'Accademia nella mia mente non c'era nemmeno l'ombra (un po' come quella di un corso di Fumetto in un'Accademia!). Comunque una volta ho preso coraggio e me lo sono andata a prendere quel bombolone. Era delizioso, proprio come l'avevo immaginato. Nessuna delusione da enfatizzazione del ricordo. Buonissimo. Ora è diventato uno shop indiano, di cui Bologna è già pieno, e la cosa mi ha messo tristezza.. E' stato un po' come se mi avessero portato via un ricordo che avevo da troppo tempo, un motivo per il quale passare ogni giorno da quella strada. Anche se non prendevo ogni giorno quel bombolone il solo vederlo nella vetrinetta metteva allegria, e nemmeno un cartello di avvertimento di cambio di gestione. Nulla. Ed è tutto sparito.
Sta chiudendo il negozio dove mia madre mi comprava i giocattoli quand'ero piccola, a Trieste. Era il mio mondo incantato quello, dove ogni cosa di Sailor Moon che potessi immaginare esisteva.
Ha chiuso poi la Upim, negozio famosissimo sempre a Trieste che aveva più anni di me.
Tutto cambia e le immagini dei miei anni passati tendono a sfocarsi.
Poco male, ce ne saranno altre nuove, belle e stimolanti.
Ma, per una sciocca nostalgica come me, abbiate pietà... ci vuole un po' di tempo per abituarsi all'idea.

domenica 22 gennaio 2012

Elucubrazioni Pt.3

Cosa fai se ti svegli ed hai in mente una canzone triste?
L'ascolto. Rispondo io.
Stamattina avevo in testa "Le onde" di Ludovico Einaudi, una melodia nella quale mi riconosco molto, molto più che in molte altre dotate anche di testo. Trovo che la musica sia una cosa personalissima, che dà ad ognuno delle sensazioni diverse. "Le onde" a me racconta una storia intera, fata di climax, di turbamenti, di corse contro il tempo e momenti di estrema introspezione. Magari per alcuni è solo uno sproloquio di note o una sonata non tanto diversa da quella che potrebbe essere una ballata al pianoforte qualunque. Ma è questo il lato meraviglioso della musica: siamo noi a darle una vita più di quanto lei non la dia a sé stessa. Noi con i nostri ricordi, la nostra pelle d'oca, le nostre lacrime e i nostri sorrisi. Per alcuni la musica non è imporante, altri dichiarano addirittura di non amarla, io ne ho bisogno come una droga costante, perché il mio mondo senza la musica è un mondo a metà. Nei miei fumetti c'è la musica, ma talvolta persino i miei momenti passati hanno la loro colonna sonora. A volte persino i romanzi che leggo hanno la loro melodia, perché i giochi di associazione che riesce a fare la nostra mente sono davvero strepitosi, a volte.
E dunque scrivo qui sotto cosa sarà il fumetto della tesi, le canzoni che lo compongono, che gli altri probabilmente non troveranno così facile associare alle immagini, ma per ognuno ci sarà una soundtrack personale, almeno spero:

Nickelback - Lullaby
Sting - Every breath you take
Alice In Chains - Nutshell
Brian Adams - Heaven
Lifehouse - From Where You Are
Lifehouse -  broken
Ligabue - Il peso della valigia
Paramore - The only exception
Nuno - Flow
Raf - Ossigeno
Snow Patrol - Chasing Cars
Sum 41 - Pieces
the Cramberrias - Dream
the Reindeer Section  - cartwheels

Et voilà. Alcune di queste canzoni mi trasmettono cosi tanto che finisco per introdurle in modo o nell'altro in praticamente ogni fumetto che produco.

Elucubrazione nr.2 - I rapporti umani sono la cosa più fragile che ci sia, è come giocare a Jenga quando ormai sei verso la fine. Sposti un tassello e difficilmente la torre resta solida davanti agli occhi. Traballa o cade. E con le persone è lo stesso. Dispiace, a volte anche molto, ma a volte non c'è alternativa e se la torre cade forse semplicemente doveva andare così. Fatalista? Forse. Ma talvolta aiuta a non rimuginarci più del dovuto.

Kharma contro

è bizzarro come una persona qualunque, come in questo caso posso essere io, finisca per far propri dei concetti che nella realtà di tutti i giorni gli sono estranei. Io credo poco nel soprannaturale di tutti i generi, tuttavia il kharma come concetto di energia che può condurre l'andamento di una determinata giornata/periodo si è insinuato dentro di me senza che me ne accorgessi, in un modo non tanto diverso da come avrebbe potuto fare un gesto scaramantico o un'intercalare aquisita da un amico che si vede spesso. Se una giornata inizia come quella di oggi con la sveglia anticipata da molesti rumori in casa le posso dare ancora una chance, ma con diffidenza. Cerco con le più buone intenzioni di proseguire nel fare i disegni per la tesi e trovo scarico il refill della particolare china a pennello con la quale ho inchiostrato oramai trenta pagine di fumetto (ergo non posso cambiar stile di punto in bianco!), telefono  a Bologna dovve ho comprato l'arnese infernale un mese fa, dicendomi che le cartucce gli sarebbero arrivate entro una settimana... Ovviamente le cartucce non c'erano. Vado in centro e il lettore mp3 che accompagna sempre quella passeggiata di venti minuti è scarico; cerco un regalo piuttosto comune, non lo trovo. Cerco nel negozio di belle arti il refill della mia china e non c'è. Fa più freddo del previsto, pazienza. In quel momento ho pensato di avere il kharma contro, che poi si chiami giornata no o destino è tutta una farsa per credere che una grande forza esterna guidi il corso delle nostre giornate... Probabilmente è tutta una cavolata, ma come fare a non crederci se si può sperare che basti cambiare giornata per voltare pagina e avere momenti decisamente migliori?
Il kharma te la sa vender bene. Ma il resto della metà della giornata è andata decisamente migliorando, forse c'è un modo di fregarlo questo kharma, o chi per lui...

venerdì 20 gennaio 2012

Un po' di fumetto!

In questa scena già che sto mettendo luoghi di ogni parte del mondo, ho usato come scuola frequentata dalla mia protagonista una scuola di Catanzaro! Ovviamente presa da internet, cambiati i colori e la pavimentazione davanti l'edificio... Ho capito che mi piace molto disegnare paesaggi quando mi riescono bene. Danno al fumetto una completezza visiva che senza senza non avrebbe.

 In questa scena si vede più o meno la cucina di casa mia a Trieste. In realtà risulta più grande di quanto non sia effettivamente la mia, e più quadrata. Ma in ogni caso l'idea che deve dare è di una casa a misura di tre persone. La famiglia in cui vive la mia protagonista ha solamente madre e sorella maggiore; il fatto che non ci sia il padre lascia spazio all'immaginazione del lettore che si chiederà se sia morto, in viaggio, separato/divorziato dalla madre. Magari alcuni si interrogheranno se la protagonista è cosi chiusa a causa dell'assenza di quella figura; da creatrice della storia risponderei di no. Vorrei che tutto il fumetto sia motivato solo dalla passione quasi maniacale che ha la protagonista per il disegno, per le cose che ama. Ho pensato anche di far dire alla madre in una scena che la figlia in un qualcosa ha preso da suo padre, ma poi ho pensato che cosi facendo avrei solo messo io la pulce nell'orecchio al lettore per crearsi la storia familiare di lei. No grazie, la storia è quella che leggerà.
In questa scena compare mio fratello! Sarà presente sporadicamente nel fumetto e come personaggio è buono e gentile, un attento osservatore che sa come trattare con la protagonista senza quasi conoscerla. è un po' proprio come mio fratello, a cui tra l'altro colgo l'occasione per fare gli auguri di un buon trentesimo compleanno! :)

Ieri ho meditato su due cose in particolare mentre terminavo la trentesima pagina del fumetto (trentaaaa!!!), la prima è che gli sfondi permettono un paio di lussi ai quali prima non avevo fatto caso:
1- ti prendono mezza pagina, quidi se devi fare un tot di pagine per una tesi a caso, non è esattamente una splash-page ma quasi. Una grande liberazione che tra l'altro dà respiro alla storia
2- è più improbabile che ci si scontri con una cacoimpaginazione (w i neologismi) che preveda due pagine affiancate dalla struttura uguale. Questa era una cosa alla quale non pensavo minimamente prima di frequentare l'Accademia, ma nell'impaginazione libera (quindi per esempio non Bonelli & Co.) due pagine che saranno stampate affiancate presenteranno la stessa impaginazione sarà sgradevole all'occhio. Poi magari un neo-lettore di fumetti non ci farà nemmeno caso, ma un onnivoro di certo capirà che c'è qualcosa che non funziona come dovrebbe.

La seconda cosa alla quale ho pensato è al motto "Conosci te stesso". Se non lo prendessi in parola probabilmente non troverei nemmeno le chiavi di casa mia nonostante la decina di portachiavi annessi di cui uno è un pinguino di peluche obeso. Ieri ci ho messo un'ora a trovare un documento importante da conseganre in segreteria didattica per il diploma (con tanto di bollettino e marca da bollo da 14,62€). Prima ho percorso con la mente a ritroso i miei movimenti fino all'ultima volta che l'avevo visto... Fallendo miseramente perché la mia pessima memoria ricorda se va bene fino ad un'ora prima al momento in cui sto vivendo,  ho semplicemente pensato "ma se io fossi io (ehi, ma sono io!), dove l'avrei messa quella dannatissima carta?" ed ecco che dopo un paio di tentativi la suddetta è comparsa magicamente, stropicciata, dall'angolo zozzo della borsa che trascino ogni dì su e giù da Modena a Bologna. A volte la cosa mi fa rabbia. Penso che ci sono difetti di sé che le persone possono vedere come particolarità quasi carine, ma questa cosa qui la vorrei davvero cambiare. Sarà nei miei buoni propositi dell'anno da almeno un decennio, ma diciamocelo, non è certo come mettersi a dieta o studiare di più. Ma se avete un rimedio per diventare meno disordinati ditemelo che ci proverò con tutte le forze.

giovedì 19 gennaio 2012

Elucubrazioni. Pt.2

Adoro il fatto che la mattina sono così rintronata che ogni mia azione è un automatismo quasi perfetto.
Mi alzo a fatica, schiaccio il pulsante che attiva la mia stupenda moka elettrica, bagno, prendo la tazza, due di zucchero e latte fino a dove arriva la parte metallica del cucchiaino (né troppo da non farmi il gusto del caffé, non poco da farlo scottare e dovermi far aspettare 15 minuti per berlo), torno in camera, spazzolo i capelli e nel frattempo il caffé è pronto. Bevo il caffè, poi comincia la giornata. Sembra tutta una danza, una coreografia precisa al dettaglio che non permette sbavature. Penso sia l'unico momento vagamente elegante della mia vita/giornata. :)
Anyway... Mio fratello, scrittore di fantascienza nonché fondatore della rivista online Continuum all'indirizzo www.continuum.altervista.org)  un tempo ha detto che si è reso conto che i personaggi dei racconti che scrive sono individui coi quali lui non andrebbe nemmeno a bersi un caffè. E lui và a bere caffè praticamente con chiunque glielo chieda... è pur sempre un caffè, quanto può durare?
Mi sono interrogata a tal proposito sui miei personaggi e ho capito che per me vale lo stesso discorso, con la piccola differenza che i miei personaggi racchiudono in sé sempre parte della mia biografia. è preoccupante? non andrei a bere un caffè con me stessa, e io amo il caffè. C'è di che rifleterci su.
Lei è la protagonista di una mia storia breve (che all'inizio doveva essere lunga). è scorbutica, ama i gatti e stare per i fatti suoi. Non ama le persone, men che meno quelle invadenti. Insomma, sono io coi capelli corti.
Anche il mio nuovo personaggio è simile come idea di base anche se poi si sviluppa e "si riempie di vita" come dico sempre... Nei tre anni di Accademia ho imparato diverse cose sul mio modo di lavorare... Mi piacciono le storie brevi ma intense, che ti dicano tutto in poche pagine, che ti fanno affezionare in qualche modo al personaggio solo perché il personaggio è particolare, non è invadente, non vuole corromperti per ottenere la tua simpatia, ma è un personaggio appunto "pieno". In secondo luogo almeno che non sto facendo una storia lunga evito sempre accuratamente di dare un nome ai miei personaggi. In primis perché non sono mai convinta del nome definitivo, la ragazza dell'immagine qui sopra oggi la chiamerei Maya, ieri probabilmente avrei pensato "un nome vale l'atro purché non sia Maya"; poi perché non è necessario. Mi piace l'idea che il nome è solo un nome, siamo tutte persone che un nome ce l'hanno perché siamo in 7 miliardi (frase che andava tanto appena è nato il settemiliardesimo individuo sulla Terra) e in qualche modo tra la folla bisogna chiamarsi. Ma poi in un fumetto di 4 pagine a chi interessa come si chiami uno o l'altro? Vabbè. Lo faccio anche con i racconti che scrivo ora, al biennio dell'Accademia, per il corso di Scrittura Creativa (prossimamente pubblicherò qualcosa) e il prof a volte mi ammonisce, ma io non mi convinco mai del tutto che il nome sia la strada giusta. Ho imparato che devo avere una canzone almeno che mi spinga a disegnare il fumetto, che mi dia l'ispirazione anche quando ce l'ho sotto le scarpe, e quasi ogni mia produzione in questi anni ha la sua canzone (o addirittura, come nel caso della tesi, una sua soundtrack). Sarà una cosa stupida ma ci sono delle scene che m'immagino perfettamente se e solo se sono accompagnate dalla musica perfetta, un po' come un telefilm, dove un fotogramma quasi banale con la canzone adatta sotto ti conficca un pugnale in mezzo al petto, e si capisce quanto sia importante la colonna sonora. Phatos. Nessuno eccetto me sentirà quelle canzoni mentre leggerà il fumetto, ma io sì, sennò non andrei avanti. Come ultima cosa, poi termino questo sproloquio, è il fumetto a decidere con quale tecnica dev'essere realizzato, non sono io. Il fumetto per la tesi lo volevo fare a tutti i costi in b/n ma avrò rifatto tre o quattro volte la prima pagina e non mi riusciva. Ho provato a farla in A3, a cambiare il character design della protagonista, a ri-ambientarlo. Ma quando vedevo che non vedevo questo benedetto fumetto come lo volevo ho pensato all'ultimo giochetto mentale per fregarmi... "Proviamo a fare una scena qualunque in medias res! può darsi che semplicemente non mi vada di disegnare la prima scena, a chi và, quando sai già come andrà avanti e qualis aranno le scene salienti?" e lì ho capito tutto. La scena a caso era fatta per il colore. Ho ceduto, adesso sto sudando sette camicie per un fumetto di almeno 48 pagine da consegnare tra un mese, totalmente a colori.... Ma mi piace, ed è questo che conta, no?

martedì 17 gennaio 2012

Tesi

questa è una pagina del fumetto che sto preparando per la tesi. Ci sono un paio di curiosità in merito:
Innanzitutto io ho sempre avuto una sorta di fobia per la bicicletta. Sin da ragazzina mi sono messa in testa di non saperla disegnare e ho sempre evitato di farlo. C'è da dire che a Trieste di bici se ne vedono pochissime, quindi in realtà nel mio immaginario una città senza bici era come un pesce senza muta da sub... E invece trasferendomi in Emilia Romagna le bici si son fatte vedere più spesso, e non solo in una città tranquilla come Modena ma anche a Bologna, dove la maggiorparte delle persone che non vogliono impazzire nel traffico girano con il veicolo a due ruote. Dunque ho deciso di mettere da parte questa mia paura e fare un fumetto dove la bicicletta comparisse un bel po' di volte... In alcune inquadrature riesce bene, in altre meno... Però volere è potere! Avrei voluto prendermi addirittura un modellino che vendiamo nel negozio dove lavoro, ma 48€ per usarlo per un mese mi sembravano un po' troppi :) A parte ciò, c'è chi mi ha chiesto come mai dovevo fare sta genialata proprio con il fumetto di tesi...! Ma la verità è che io funziono bene solo sotto sforzo, sulla tesi mi concentro e mi permetto meno errori, se mi fossi impuntata a disegnare biciclette in un fumetto qualunque avrei rinunciato alla seconda tavola. Mi è stato utile in alcune tavole un manga di nome "A town where you live", trattandosi di un manga ambientato in un contesto rurale, il protagonista gira sempre in bici e Kouji Seo è davvero bravo a disegnare la bicicletta da ogni angolazione. <3 sia Santificato!
Un'altra curiosità è che per disegnare questa tavola mi stavo scervellando su come si facesse a rendere l'idea di una salita.... Per quello Trieste mi sarebbe stata utilissima visto che ne è piena... Ma io volevo una salita un po' più "antica", piacevole da percorrere, un bel landscape, per capirci. E mi è venuta in mente la mia gita di un giorno a Bergamo, dove mi son fermata prima e dopo un viaggio a Berlino. Con un'amica nata lì come preziosa guida, ho fatto un sacco di foto e mi sono innamorata di quella salita che conduceva alla città alta. Ora, l'immagine non è presa da una mia foto, ma Bergamo mi è stata indispensabile! Ovviamente però la città dov'è ambientata la storia non è Bergamo... Non la conoscevo abbastanza, e poi volevo un luogo cosi bello che può esserci solo nella mia fantasia! Non per niente ho preso spunto anche da Berlino, da Modena, da Trieste.... Un bel miscuglio. è una cttà con parchi giganti, il mare, il fiume... Ma che importa? è il luogo dove volevo vivessero i miei protagonisti!

lunedì 16 gennaio 2012

Polemica pt.2

Che cos'è un cerotto se non una piccola porzione di garza al centro di una sorta di scotch ipoallergenico? Ebbene, questo importante componente da kit di prontosoccorso viene venduto sia in farmacia che in luoghi un po' meno attinenti quali i supermercati o i shop di tutto a 99 cent. Ora, tralasciando un discorso di marche e di design del cerotto in sé (sia esso di Hello Kitty, trasparente, che lo spaccino per più ergonomico o che si stacca solo quando è necessario che si stacchi) i cerotti sono praticamente tutti fatti dello stesso materiale. Eppure è bizzarro come in farmacia si riesca a pagare un banalissimo astuccio da 10 cerotti intorno ai 5€, quando al supermercato un astuccio da 20 ne costa forse un paio. Sarà che i farmacisti devono speculare su questo genere? Sarà che le persone poco accorte sono convinte che comprando dei cerotti in farmacia maggiori saranno le garanzie della perfetta guarigione di un minuscolo taglietto sulla mano? A mio avviso è ovvio che i farmacisti ci guadagnino poco dalle vendite visti i numerosi medicinali che a malapena richiedono un ticket, ma chiedere una cifra simile per un pacchetto di cerotti mi sembra esagerato... Vuoi che si sfrutti il fatto che uno già che và in farmacia per prendere l'aspirina prende pure dei cerotti o per la diffidenza verso gli altri tipi di negozi che li vendono, per quanto si parli semplicemente di 5€, è una truffa da poco ma pur sempre una truffa.

sabato 14 gennaio 2012

Citazione

Una delle cose che mi è rimasta più impressa da quando sono in accademia, è stata una frase di un mio prof. Egli consigliava di scrivere il proprio nome (non solamente quando si firma, ma in ogni contesto) mettendo prima il nome e poi il cognome. "Il nome è solo il vostro, il cognome è la vostra appartenenza ad una famiglia, non siete voi, soltanto voi."
Insomma per un discorso di autodeterminazione e di far sì che il poprio essere venga subordinato a quello di altri, bisogna mettere prima il nome. Che sia un giochetto mentale, solamente una teoria senza fondamento o che... Mi piace pensare che basta pordinare il modo in cui si scrive per darsi un po' di più importanza :)

venerdì 13 gennaio 2012

Polemica pt.1

Dunque, penso che molte volte le persone parlino di politica perché c'è di che fare polemica, e la polemica scalda gli animi, si creano discussioni, anche quando non hai nulla a che spartire con qualcuno se fai della polemica soprattutto su un argomento che riguarda i più, si potrà parlare per più di dieci minuti filati, di un argomento diverso del tempo.
Ma veniamo a noi. La cosa poco piacevole è che di problemi nel quotidiano ce ne sono molti, di certo più piccoli al governo che partorisce disagi a go go, ma pur sempre problemi sono... Evitabili, e che senza i quali la vita dell'individuo medio potrebbe migliorare.
La mia vita si divide tra tre città in particolare: Modena (dove vivo e lavoro), Bologna (Dove studio), Trieste (dove sono nata e ho la mia famiglia). Per tutte e tre, in questo post, ho scelto un problema a mio avviso abbastanza fastidioso, che si potrebbe correggere senza troppe difficoltà:
Modena:
A Modena gli autobus costano 1,20€, un prezzo abbastanza comune, tuttavia per fare il biglietto per una normalissima tratta urbana vi sono 2 scelte:
- Fare il biglietto a bordo
- Comprare il biglietto magnetico.
Nulla di assurdo se non fosse che per quanto riguarda il biglietto a bordo, l'apposita macchinetta NON DA' RESTO. Ciò significa che se non si possiedono i soldi contati o si và a piedi, o si paga di più il biglietto, senza soluzione di sorta. Ora, tempo fa funzionavano nello stesso modo i distributori automatici di alimenti/bevande, site negli uffici, nelle scuole e quant'altro. Si è riuscito senza troppa fatica, nell'arco di breve tempo, a far erogare il resto a questi apparecchi, quale sarebbe la difficoltà di applicare il medesimo metodo per le macchinette dell'autobus?
Per quanto riguarda il biglietto magnetico, oltre al fatto che spesso lo vendono che è già smagnetizzato, la cosa assurda è che si può aquistare unicamente presso due esercizi: la stazione delle corriere o davanti la stazione ferroviaria. Nel primo caso è ovvio che in quel luogo si creano delle file enormi dovute anche al fatto che il più delle volte sono aperti solamente due sportelli, condizione che, l'ultima volta che ho avuto la malsana idea di andare a fare lì un biglietto, mi ha portata a perdere ben tre autobus. Dinanzi la stazione ferroviaria, invece, lo sportello è praticamente sempre chiuso. Non è dato sapere gli orari d'apertura, ma fortunatamente vicino alla serranda abbassata vi è un distributore che suppongo abbia più anni di me, che prende anche denaro in carta.... Peccato che non dia resto! Leggete bene prima di pagare con 50€, potrebbe essere il viaggio in autobus più costoso della vostra vita.

Bologna:
A Bologna ci si deve muovere in fretta, è una città caotica, piena di gente che lavora, studia e quant'altro. Da brava pendolare che sono, mi sono resa conto quasi nell'immediato del fatto che se c'è una cosa che non funziona di Bologna sono i semafori. Il semaforo davanti alla stazione ferroviaria riesce a far attendere i pedoni quasi 5 minuti prima di diventare verde. Volendo capire che è necessario in una città frequentatissima da automobili, bisogna anche capire che se la cosa funzionasse meglio una mandria di pedoni non si fionderebbe sull'onda della disperazione in mezzo al traffico rischiando di risultare come suicidio di massa sui giornali del giorno successivo. Problema minore ma comunque non piacevole il fatto che arrivare a pelo in stazione per prendere il treno che riporti a casa significa doversi scontrare con il semaforo che in più occasioni rischia di vanificare la corsa contro il tempo e dover quindi aspettare il treno successivo, che fortunatamente nel mio caso equivale ad un'attesa di 20-30 minuti, ma ovviamente non per tutti è lo stesso. Questo disagio, volendo evitare di creare problemi agli automobilisti, si potrebbe evitare con un sottopassaggio. Non so se la conformazione del terreno lo renda possibile, ma sono certa che una soluzione simile si possa trovare. E' anche vero che altri semafori di Bologna sono tarati male, ad esempio in via Irnerio vi sono due semafori che al verde pedonale durano 30 secondi, ciò significa che chiunque non sia catalogato come velocista avrà finito di attraversare che sarà già divenuto rosso, e mi vien da pensare ai poveri anziani, ai bambini, ma anche semplicemente alle persone stanche che vorrebbero evitare di correre per non rischiare di essere investiti. Tuttavia lo stesso problema l'ho riscontrato nel semaforo di via Emilia, a Modena, che incrocia la via Jacopo Barozzi...

Trieste:
A Trieste vi è una piazza "storica", di nome Piazza San Giacomo. Lì mia madre si incontrava con la propria compagnia nell'età adolescenziale, vi è una chiesa, un'edicola che fa da punto di ritrovo, ma è soprattutto il centro di un rione molto conosciuto. Questo rione porta in una decina di minuti a piedi al centro, e altrettanti per l'ospedale infantile, luogo di cui la mia città si deve far vanto poiché non in tutta Italia vi sono degli ospedali dedicati solo alla cura degli infanti, dove essi si possano trovare tra di loro anziché tra adulti con problemi di tutt'altra natura ecc. Comunque, in Piazza San Giacomo ho notato esserci solamente uno scivolo per i bambini. Tutto tornerebbe se il luogo fosse poco frequentato dai piccoli protagonisti, tuttavia non è così. La mattina nella quale ho accompagnato il mio "nipotino" in piazza, ha visto il riunirsi di diversi bambini nell'arco di breve tempo.. Dunque uno spazio di 3,5m x 3,5m risulta davvero scadente per raggruppare cosi tanti piccoli partecipati, soprattutto contando che vi sono altri due spazi in zona, di cui uno è totalmente inadeguato per gli infanti poiché per quanto sia provvisto di verde è necessario percorrere una lunga scalinata che conduce ad un luogo pieno solo di panchine e alberi, ovvero i giardini Basevi, e poi c'è piazza Puecher che è collocata in mezzo alla strada e oltre a risultare pericolosa per la sua collocazione è comunque inadeguata poiché priva di veri e propri giochi per i più piccoli. In Piazza San Giacomo vi è inoltre il problema dell'alta frequentazione adolescenziale, che implica soprattutto la mancanza di rispetto dello spazio, ove difficilmente ero capace di individuare un frammento privo di sigarette buttate a terra, proprio dove i bambini vanno poi a giocare. Non so se vi sia un operatore ecologico incaricato di mantenere l'ordine in quella zona o meno, sta di fatto che oltre al fatto che risulterebbe necessario tanto quanto uno spazio più grande e fornito di giochi per i più piccoli, sarebbe anche una grande idea quella di cospargere la città di bidoni dell'immondizia appositi per le sigarette. Quest'operazione è già stata effettuata in molte città d'Italia, e sebbene diversi anni or sono si parlava dello stesso trattamento nel territornio giuliano, non ho visto un grande inceremento di questi contenitori nella città. Chiaramente la maleducazione è un problema enorme che probabilmente non si riuscirebbe a sconfiggere nemmeno con svariate ore di educazione civile (scommetto sul fatto che bulletti ed ignoranti di altre speci pur avendo un bidone simile sotto il naso lascerebbero cadere volentieri la sigaretta al suolo anziché contribuire alla pulizia della propria città), ma d'altra parte da qualche parte si deve pur cominciare.