domenica 23 giugno 2013

La macchina del tempo

Tra una settimana sarò a casa, o meglio, tra una settimana finirà la prima parte del mio tirocinio in Francia. Non mi par vero, è un po' come quando prepari una torta e ci metti delle ore per poi vederla sparire in dieci minuti, mangiata con voracità dalle persone care. Grenoble mi sta lasciando tanto, e devo ammettere che se c'è una cosa che mi spaventa molto all'idea di allontanarmi da qui è la persone che riesco ad essere. In un certo senso ho fatto un salto nel passato, ma ho ripreso in mano quei lati che a 15 anni odiavo di me, perché in fondo mi mancavano. Trascorro delle giornate intere a disegnare, cosa che non capitava da anni. Se leggo un fumetto ho più voglia di disegnare che di finire la storia, anche quando si tratta di qualcosa di bellissimo come una graphic novel di Toppi. Qui mi posso permettere di essere impacciata senza dita puntata contro. Non ho bisogno di dimostrare niente a nessuno e non sento la necessità di venire apprezzata o meno. A parte questo, per completare il tuffo nel passato, ho rivisitato i miei 12 anni guardando un film che all'epoca mi piaceva moltissimo: "Ragazze a Beverly Hills". All'epoca sognavo di essere bella e bionda e avendo dodoci anni non trovavo estremamente deprimenti i comportamenti delle protagoniste, due vere oche giulive. Ma penso fosse l'età, e ad ogni età i suoi sogni. E' stato bello rivedere quei costumi retrò, e sentir parlare di soldi come se fossero biglie senza valore, si respiravano gli anni '90. Successivamente per curiosità ho letto la biografia dell'attrice Alicia Silversted ed ho scoperto che ha fatto poco dopo quel film per motivi personali. E pensare che io la reputavo l'ideale irraggiungibile. Un po' come Ai Yazawa, ora che ci penso. Che io porti sfiga? Oltre a questo film, che comunque mi ha restituito una tenerezza incredibile, ho anche riesumato The O.C, telefilm che andava moltissimo 7-8 anni fa. All'epoca non mi piaceva granché, lo trovavo la brutta e volgare copia di Dawson's Creek, con tanto di protagonisti che "ce le han tutte loro". Credo ancora nell'ultima di queste opinioni, ma per il resto devo ammettere che il retrogusto che ti lasciano molte puntate è azzeccato. Mi ricorda quando ero adolescente io e guardavo incantata il mare che diventava arancione al tramonto e aspettavo arrivasse alla più intensa della sua saturazione per fare il bagno e dirmi che avevo fatto il bagno Nel tramonto. Non AL, ma Nel. Frivolezze, ma mi facevano stare bene. Forse era un discorso sempre legato al mio essere nostalgica, al salutare l'ennesima giornata d'estate arrivata al suo termine. Ricordo con toni molto particolari l'adolescenza, i piccoli e grandi drammi quotidiani, la voglia di scappare, di restare, di trovare un posto per poter dire che fosse il mio posto. Igort direbbe che l'adolescenza non va raccontata, ma a me piacerebbe incanalare quelle sensazioni, custodirle da qualche parte, insieme all'arancione di quei tramonti e la sua saturazione, che mano a mano, negli anni, va ridimensionandosi, diventando semplicemente di un arancione tiepido, e poi nulla più.

 Olivia Wilde, quella che ad oggi considero l'attrice più bella che ci sia.
 Mignon and the baguette. Due cose che faccio alla fermata del tram: copiare cartelloni pubblicitari e cominciare a smangiucchiarmi la baguette appena presa





Schizzi e varie per la tesi. Sto imparando piano piano a conoscere i personaggi, che non sono i miei personaggi. L'atmosfera attorno a loro, le sensazioni che voglio trasmettere grazie alla loro presenza.

giovedì 20 giugno 2013

My stupid Sketch

 Oggi c'è stato il diluvio universale. E' durato sei minuti. Giusto il tempo di andare dallo studentato alla fermata del tram ed ero zuppa. La cosa bella è stata che c'era un tizio che mi guardava strano, in realtà io stavo ridendo. Ancor peggio quando ho acceso il lettore mp3 e c'era esattamente la canzone che avrei voluto sentire
 Ode al Cordon Bleau francese. Era di discount, sarà stata la fame, ma mi è sembrato eccelso
Mi chiedo perché il libriccino dove faccio gli sketch puzzi di patatine al formaggio dal giorno in cui l'ho comprato. Ho qasi paura ad aprire l'altro (si, ne ho comprato un altro nella speranza di riempirli tutti!)

Avrei voluto farle la foto, ma il primo giorno non avevo nulla per farla. Il secondo c'era seduto un vecchio sopra, il terzo non c'era più. Qualcuno ha ben pensato di mettere alla fermata dell'autobus una sedia con 3 gambe, poggiando il moncone sul panettone di cemento che tiene ferma la fermata provvisoria. Mi è venuto in mente il tormentone che girava su Facebook "Fidatevi di me, sono un ingegnere"... Però interessante, sembrava quasi una protesta per la mancanza di panchine. E io voto Si alle panchine.
Il fiume mentre passavo col tram. Far sempre e solo delle fotografie non basta...

Me e il mio uomo in versione bebè. Lui mi immagina sempre coi capelli lunghissimi e rossi come ora (in realtà li avevo cortissimi e sul castano chiaro-biondiccio, il suo incubo) e io me lo immagino sempre con i piedi giganti. :D

Mi scuso per la pessima qualità delle scan, ma il mio povero scanner sta tirando le cuoia (o meglio, la cinghia) e non volevo farlo soffrire più di cosi.

 Avevo mille cose intelligenti da dire, ma attualmente non me ne viene in mente nemmeno una.
Dunque, per ora, buonanotte.



venerdì 14 giugno 2013

Torpore

Il torpore è quella sensazione talvolta piacevole, talvolta fastidiosa, per la quale una o più parti del corpo risentono di una sensazione di estraneità rispetto a tutto il resto. Calore, formicolio.
Attualmente mi trovo in un limbo, quasi svegliata dal torpore, ma non del tutto. Strana sensazione, più fastidiosa che piacevole.
Ho parlato con due professori per cambiare la tesi. Mi ha stupito vederli accondiscendenti in tal senso. Ci lavoro da un anno, ma sanno che può capitare un ripensamento. Ora si vedrà. Ho troppe idee in testa eppure mi sembra di non averne mezza. Ho voglia di disegnare, e se si potesse fare solo con le mani e non con la testa probabilmente produrrei decine di tavole. Ma il fumetto è testa e mani. Se manca uno dei due forse è meglio non azzardarsi. Da oggi cercherò il modo di svegliare del tutto la parte sopita. Per carattere non amo questa stasi. Vorrei darmi degli sberloni e urlarmi in faccia di svegliarmi, ma non basta, è una condizione mentale. E allora ho cominciato col dormire. Erano due settimane che dormivo poco e male. Poi mi prendo del tempo. Per fare colazione in silenzio, per scrivere su questo blog. Forse il passo dopo sarà disegnare, con la mente che si stiracchia. Nessun pensiero legato al futuro. Su cosa farò e soprattutto dove, tra qualche mese. Chi se ne frega. Disegna. Sarebbe bello.

 Il workshop con Igort è stato tanto interessante quanto motivante. "Essere un fumettista è essere un monaco. Ma è il lavoro più bello del mondo" e se te lo dice uno che ci lavora da trentacinque anni, come fai a non crederci? Lo aveva detto anche Vittorio Giardino. Igort mi ha impressionata per la sua grande cultura. Legge tantissimo, vede milioni di film. E allora io mi chiedo che cosa ne faccio del mio tempo. Perché alla fine delle giornate non riesco a fare un terzo delle cose che mi ero proposta, figuriamoci vedere un film? Lui è il genere di persona che vorrei diventare. Senza i baffi, intendiamoci. Ma io amo leggere e amo criticare. Vorrei un futuro che mi permettesse di disegnare e allo stesso tempo mi desse l'opportunità di avere tanti appigli, sapere di cosa parlo e poter citare riferimenti. Una volta leggevo molto di più, ora mi sembra di non avere il tempo, ma lo so che è tutta una scusa. Come il fatto di disegnare meno, e di non andare a correre. Dovrei ribaltare ogni cosa, decidere di dedicare un po' di tempo a tutto durante la giornata. Igort dice che bisogna disegnare almeno 12 ore al giorno. Poi mettici che devi lavorare. I conti non tornano e già vado in paranoia.
Vorrei fare la vita che vorrei.
Sembra banale, ma mi chiedo quanti lo facciano davvero. E non chiedo di vivere alle Seichelles e non fare nulla da mattina a sera, con il succo di mango trasportato in bocca da una lunghissima cannuccia, e un bel ragazzone di vent'anni che mi fa aria con la foglia di una palma. Chiedo di disegnare. Lavorare per vivere e comprarmi i materiali buoni per disegnare. Vivere da sola. Chiedo di trovare un po' di tempo per correre e per guardare un film alla sera, anche se a me la tv non piace. Me lo impongo, alcune cose VANNO VISTE. Tipo "The mission" che me lo dico da anni che lo guardo e ancora niente. Poi vorrei leggere un tot di libri al mese. Due se pesanti, tre se nella media, cinque se brevi. E poi racconti di ogni genere. Open your mind. Anche solo per dire "che schifo". Sarebbe già qualcosa, sarebbe già un punto di partenza per dire "questo genere di storia non vorrei mai farla a fumetti".
E mentre lo scrivo me ne rendo ancora più conto.
Devo svegliarmi da questo dannato torpore.

Bologna, mentre aspetto per delle ore mi metto a disegnare. Cosi mi abituo a disegnare gli sfondi, che evito come la peste bubbonica. E già che ci sono un ripassino delle mie adorate biciclette. Se fossi ricca e famosa, il consiglio che darei alle nuove generazioni di disegnatori sarebbe quello di fare del proprio incubo la propria ossessione. Io ci sto provando. E biciclette siano.



Un po' di studi di personaggi che non vedranno mai la luce probabilmente... Ma almeno si disegna!

Cose un po' meno serie.... Animaletti pucciosi.


E l'immancabile my stupid sketch.

venerdì 7 giugno 2013

Cose di casa

Mi piace più credere nel destino che nel caso.
Si può pensare che io sia ingenua, credulona o semplicemente scema, ma la verità è che se credessi che alcune cose sono lasciate al caso, mi incazzerei con il caso. Se si parla di destino penso sempre che ci sia una ragione, prima o poi capirò quale sarà. E se non la capirò, forse, aspettando mi dimenticherò di interrogarmi su questi perché. La cosa bella di avere una pessima memoria, l'hard disk è pieno, non ci sta dell'altra roba e qualcosa va a finire che viene eliminato senza che me ne accorga.
Ebbene, sono a Modena.
E' successo per una serie di bizzarri eventi. Ho accettato di venire in Italia mentre il mio tutor era in ferie così da poter stare un po' con la mia gente; poi sono arrivate allarmanti notizie sulle ultimissime lezioni di revisione prima della fine dell'anno (Nonché prima della tesi, dunque) e ho deciso di restare perché poi, la settimana prossima, ci saranno tre giorni di workshop obbligatorio altrimenti quelli dell'accademia non fanno laureare. Ricatto accolto, io ci sarò (avevo scelta?). Vorrei poter dire che sono contenta di essere qui e che il fatto di essere stata accolta da un caldo estivo mi rallegri alquanto, ma mentirei. E' stata una settimana complicata, che ha cambiato radicalmente il mio modo di pensare al futuro. Come già detto sono una persona ingenua, ma quando si tratta di amicizie mi rendo conto di mettere le mani avanti quasi come avessi sempre a che fare con dei criminali. Credo fermamente che se c'è l'amicizia ci sarà la fregatura, un po' come il vestito bellissimo che compri a 10€ e il giorno dopo le cuciture sono cosi sfilacciate che se ti va bene lo puoi usare come straccio per dar la polvere. Eppure, quando si trattava della mia coinquilina, non avevo dubbi o perplessità. Non c'era nulla che mi potesse far pensare che io e lei ad ottobre non saremmo tornate a lamentarci della casa fredda, dell'uomo del garage che sta sempre nel cortile a lavare la macchina urlando, della parrucchiera con i figli maleducati. Qualche sera avremmo preso la pizza da asporto perché di cucinare non ne avremo mai voglia, altre sere, quelle da festeggiare, saremmo andate a mangiar fuori. Che poi la pizzeria quella da mangiar fuori è appena poco più in là di casa, ma si esce comunque perché così si sta in pace per un po'. Dopo tre anni di convivenza e amicizia io sono caduta dalle nuvole e mi sono ritrovata a pensare ad ottobre senza di lei. Una casa vuota, una casa che non sarà più la mia casa. Avrei mandato al diavolo questo posto due anni e mezzo fa se non fosse stato per lei, ma ne valeva la pena di restare e non avrò mai rimpianti in
merito, nonostante le urla, i litigi e le serate no; che poi non erano mai no tra di noi ma sempre col resto del mondo.
Modena si è spenta sotto i miei occhi, dal nulla. Quasi mi stava piacendo questa città troppo piccola e un po' bigotta. Chi se ne frega se stasera si esce, torno a casa e sto con Giuliana. Ora non più. Lei se ne va e quando tornerò sarò di nuovo da sola a combattere per capire se val la pena provarci con le persone nuove oppure no. Di solito mi dico di no.
Ora l'idea di vivere qui mi spaventa. Ho amici che adoro, ma tornare a casa sarà come lo è stato per due anni, triste.
Ci si è messo poi il realizzare che quando tornerò in quel di Grenoble mancheranno solo un paio di settimane alla fine della prima parte del mio tirocinio e mi sembra di non aver realizzato nulla di che. Mi sembra che sia passato troppo in fretta quel momento che aspettavo da un anno, ed è passato con questo retrogusto aspro che non so far andar via dal palato.
Vorrei pensare con entusiasmo ad un autunno con un lavoro nuovo, senza impegni accademici e con il futuro tutto da decidere, eppure ora mi ritrovo a guardare con poco interesse le esperienze proposte dallo SVE per l'estero, sperando di avere un'illuminazione, qualcosa che mi dia la stessa voglia di fare dei giorni in cui combattevo per andare in Francia.
Sta scemando tutto, insieme a questo ultimo anno di corsi. Al primo anno ero così felice da non riuscire a controllare i miei sorrisi, oggi sto solo pensando al dopo-laurea perché fino ad allora sarò legata a doveri che cerco di svolgere diligentemente ogni giorno, con o stesso entusiasmo con cui mi metterei a fare il cambio di stagione negli armadi (NdR. non ho mai fatto un cambio di stagione nella mia vita ed ho imparato convivendo con delle donne che cosa sia) .
Da vera ingenua che sono mi dico che è solo un momento e tutto avrà di nuovo un equilibrio.
Nel frattempo disegno. Butto fuori ciò che ho bisogno di buttar fuori, quasi fossero pagine strappate di un diario segreto. Tanto penso che difficilmente qualcuno possa capire a fondo quando ci sono in ballo sentimenti cosi profondi, ma in qualche modo ho imparato che bisogna pur parlarne,magari in corso d'opera avrò chiari i perché... Oppure semplicemente avrò dimenticato.